Tre matematici e un'equazione in rima

di Dario Bressanini [Le Scienze 428]

Al giorno d'oggi, quando un matematico risolve un problema, o dimostra un teorema, lo comunica ai colleghi di tutto il mondo pubblicando un articolo. Non era così nel rinascimento. Nel 1515 Scipione dal Ferro, professore di matematica all'Università di Bologna, scopre la formula per risolvere l'equazione di terzo grado cubi e cose uguale a un numero (nel linguaggio algebrico moderno x3 + px = q), problema che Luca Pacioli, nella sua monumentale Summa pubblicata nel 1494 dice essere impossibile allo stato attuale delle conoscenze. Dal Ferro ne tiene segreta però la scoperta, per divulgarla prima di morire, nel 1526, solo al suo allievo Antonio Maria Fior. La notizia della scoperta comincia a circolare e sprona Nicolò Fontana da Brescia detto il Tartaglia a cercare la soluzione, che trova nel 1530. Tartaglia è un matematico autodidatta, così soprannominato per la balbuzie dovuta alle ferite subite da un soldato francese durante il sacco di Brescia.


Egli dichiara pubblicamente di aver risolto il problema, ma come d'uso a quei tempi, tiene segreta la formula. Antonio Maria Fior, credendo Tartaglia un impostore, lo sfida pubblicamente nel 1535 sottoponendogli 30 quesiti che si possono risolvere solamente conoscendo la soluzione dell'equazione di terzo grado. Questi "duelli" scientifici erano abbastanza comuni all'epoca, con tanto di sfida, risposta, testimoni, giudice, notaio e posta in denaro. E permettevano a chi ne usciva vincitore di attrarre discepoli a pagamento ed essere chiamati a tenere lezioni in sedi prestigiose. La regola cavalleresca imponeva che nessuno proponesse quesiti che lui stesso non sapesse risolvere Per questo motivo le scoperte importanti venivano gelosamente custodite. Tartaglia accetta la sfida, proponendo a sua volta 30 quesiti a Fior. E questi viene sconfitto, non riuscendo a risolverne nessuno. Tartaglia invece, spronato dalla sfida, riesce a trovare la formula risolutiva del caso generale e risolve tutti i problemi proposti in appena due ore. è qui che entra in gioco Girolamo Cardano, medico alla corte di Milano, filosofo, astrologo, matematico e molto altro ancora.


Avendo udito della vittoria di Tartaglia, ed essendo in procinto di pubblicare un trattato di algebra, Cardano chiede a Tartaglia di rivelargli la formula risolutiva segreta, e il permesso di inserirla nel libro. Beninteso, ne avrebbe messo ben in chiaro la paternità. Tartaglia inizialmente rifiuta, dicendo di voler pubblicare lui stesso la soluzione, non appena avrà finito la traduzione e pubblicazione degli Elementi di Euclide. Cardano tuttavia insiste e lo invita a Milano dove, con mille lusinghe, riesce a farsi rivelare la formula, dietro promessa però di non pubblicarla, sino a quando Tartaglia stesso non l'avesse data alle stampe. Tartaglia però, invece di scrivere la formula, da a Cardano una poesia, quasi una sorta di indovinello, di cui riportiamo l'inizio con la traduzione "algebrica":

 

Quando chel cubo con le cose appresso x3 + px
Se agguaglia à qualche numero discreto = q
Trovan dui altri differenti in esso. u - v = q
Dapoi terrai, questo per consueto
Che'l loro produtto sempre sia eguale
Al terzo cubo delle cose neto,
uv = (p/2)3
Dapoi terrai, questo per consueto
Che'l loro produtto sempre sia eguale
Al terzo cubo delle cose neto
u1/3-v1/3 = x



Sulle prime Cardano non capisce, e chiede aiuto a Tartaglia che dà una spiegazione più dettagliata. A questo punto Cardano, con l'aiuto del suo pupillo Ludovico Ferrari, inizia a lavorare alacremente all'equazione di terzo grado, spingendosi oltre le scoperte di Tartaglia e fornendo una dimostrazione rigorosa della soluzione. Ferrari addirittura scopre la soluzione dell'equazione di quarto grado, che lo proietterà nel firmamento dei grandi della matematica. C'è però un problema: un passaggio chiave della soluzione coinvolge la formula risolutiva del terzo grado, che Cardano ha promesso di non divulgare. Frustrati dall'impossibilità di pubblicare le nuove scoperte, e avendo saputo che dal Ferro aveva trovato la soluzione prima di Tartaglia, Cardano e Ferrari nel 1543 vanno a Bologna a trovare Annibale della Nave, genero di dal Ferro e suo successore alla cattedra di matematica all'Università di Bologna. Della Nave mostra loro un manoscritto del suocero con la soluzione dell'equazione, la stessa trovata da Tartaglia. Cardano si ritiene sciolto dalla promessa e pubblica nel 1545 il monumentale trattato di algebra Ars Magna, contenente sia la soluzione dell'equazione di terzo grado, accreditata giustamente sia Tartaglia che a dal Ferro, che la soluzione dell'equazione di quarto grado, accreditata a Ferrari.

Tartaglia però si ritiene defraudato e inizia una lunga serie di cartelli di disfida tra lui, Cardano e Tartaglia, che si concludono con un assembramento pubblico nel cortile della chiesa dei frati Zoccolanti di Milano con centinaia di persone ad assistere. Ahimè per Tartaglia, Ferrari sembra uscire vincitore dal primo giorno della disfida matematica. Tartaglia decide così di abbandonare Milano, mortificato e pieno d'astio per il torto, a suo parere, subito. Tartaglia morirà prima di pubblicare un trattato sull'equazione di terzo grado, tanto che oggi le formule sono riportate dai libri di testo come "formule di Cardano", trascurando ingiustamente il contributo di Tartaglia e dal Ferro. Altrettanto ingiustamente Cardano è talora citato come "ladro di formule". Accusa ingenerosa perchè nel suo trattato non attribuisce a se stesso la scoperta. Forse sarebbe bene iniziare a chiamare formule di dal Ferro-Tartaglia-Cardano: tre autori per un'equazione di grado tre.